Inizia in maniera inconsueta, Edge of Tomorrow – Senza domani, con un imbarazzato e spaesato disertore per nulla ansioso di conquistarsi la medaglia d’onore per la gloria eroica in guerra – anche se c’è da dire che il motivo del suo tirarsi indietro non sta in un qualche principio morale o in ideali pacifisti, bensì trattasi di semplice (e presentato come pure un po’ pigro) istinto di autoconservazione. Comunque, la legge del contrappasso si ripercuote contro il tenente retrocesso a recluta William Cage immediatamente e spietatamente: a sorpresa e senza sapiersene spiegare l’incredibile ragione, sarà costretto (infilato in un’armatura presa in prestito da quella di Matt Damon in Elysium) a ripetere in loop la stessa battaglia – quella contro un attacco alieno di proporzioni mondiali -, lo stesso giorno, assaporando con frustrazione la stessa sconfitta, un incalcolabile numero di volte, e per di più ritrovandosi, nella sua inetta incapacità almeno iniziale, ad essere l’unico a poter far vincere l’esercito: insomma l’umanità è nelle mani di un recalcitrante non guerriero.

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Edge of tomorrow – Senza domani è tratto da una light novel nipponica ma pare, come minimo cinematograficamente, riproporre la geniale idea fulcro di Ricomincio da capo di Harold Ramis, e qualche impianto e sviluppo dal bellissimo Source code di Duncan Jones (anche lì un soldato, anche lì una morte che reinnestava il ciclo di ripetizione): in ogni caso, lo fa in maniera piuttosto efficiente.

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Vero che Doug Liman non è mai stato un grande regista (anche se Fair Game – Caccia alla spia, suo ultimo lavoro, sparava ottime cartucce), e che il nome di Christopher McQuarrie (I soliti sospetti) allo script farebbe venire l’acquolina in bocca, se non che ultimamente abbia azzeccato poca roba. Ma una volta soprasseduto ai déjà vu, e tirato un sospiro sui buchi narrativi della seconda parte, comunque è chiaro come i peccati veniali non inficino la riuscita complessiva dell’operazione, con tutti gli elementi che operano a favore di un prodotto d’intrattenimento godibile e scorrevole: durata accettabile (finalmente un film che non tocca le due ore e passa, come ormai è la moda del periodo), ritmo spericolato e montaggio che evita piuttosto sapientemente lo sbadiglio dato dal riciclo della situazione, ammicca qua e là (auto)ironicamente ai topoi del genere (Cruise che di fronte all’ologramma imponente del nemico esclama “Complimenti per la presentazione!”), e protagonisti perfettamente calzanti (il bel Tom ci sta a pennello in ruoli del genere, anche se continuiamo a rimpiangere le favolose performance drammatiche di Magnolia e Collateral e il trasformismo mostrato in Tropic Thunder; Emily Blunt è funzionale, severa e lievemente fragile come d’uopo; ed è sempre bello vedere, anche se come al solito sottoutilizzato, il grandioso Brendan Gleeson; invece, gli extraterresti sono più che altro macchine a movimento rotante, trottole tentacolari senza troppe pretese).

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Nulla più c’è da chiedere e poco più da aspettarsi, in un action sufficientemente solido condito – pare che non ce ne libereremo mai – della solita retorica belligerante e della patina tutta americana del sacrificio, dell’epicità machista del martirio pro patria, e via dicendo. Edge of tomorrow – Senza domani si chiude, però, appena qualche secondo prima del crollo nel miele e nel tronfio, su un sorriso liberatorio e su due occhi lucidi, un piccolo squarcio romantico che per qualche secondo, proprio all’apice del trionfo bellico, proclama la vittoria prima di tutto del sentimento.



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